
IL PO DIPINTO DA PAOLO PARMA
Tutto tende a divenire paesaggio ampio, disteso, carico di luci e d’umori. E la natura si libra subito nei suoi lavori come un seguito di ondate liriche che investono lo spazio compositivo e scatenano in esso i suoi ritmi.
Giorgio Kaisserlian
Una vivida apertura al paesaggio padano reso nei suoi elementi tipici, ma portato ad una suggestione quasi irreale.
Il colore stesso si tende in una pelle particolarmente duttile e l’affondo delle luci è tale da creare un’illusione ottica di profondità liquide, specchi d’acqua, cespi fantastici che arginano gli stessi acquitrini, evocando quasi una solitudine primeva dei meandri fluviali.
Elda Fezzi
Il ricordo della visione reale si spiega ad una metamorfosi precisa,attraverso una rara e anche affinata pulizia del colore, delle materiche vengono a premere col loro peso minerale nel cavo stralucido, allucinato della plaga controluce. Attraverso il recente paesaggio, teso a dominare razionalmente lo spazio, non dovrebbe andare perduta questa nitida, insistente decisione di sguardo intenso sulla realtà che lo trasfigura in un valore immaginato.
Elda Fezzi
Gli sfondi soffocati eppur balenanti nel tono, la composizione asimmetrica eppur armonica sono gli elementi pittorici che per primi m’abbiano colpito in un quadro di Paolo Parma, un paesaggio sul Po in cui la definizione narrativa era sulla parte alta e il primo piano s’estendeva fin oltre la metà della tela, trasformando una lenta e pigra veduta di pianura in una sorta di scala ad argini.
Ora, dire che tali elementi bastino a definire un pittore e a stabilirne l’autentica vocazione all’arte, potrebbe parere una cerebrale astrazione di valori, un’illegittima divisione delle doti che occorrono a “fare un quadro”: il che sarebbe vero se uno di quegli elementi non fosse, oggi come ieri, la spia rivelatrice più certa d’una natura artistica e dico la composizione, la capacità di organizzare il quadro secondo un disegno e uno schema che nessuna scuola può insegnare ma che è insito nella natura d’ognuno. Orbene questa capacità di Parma, aveva il potere di far passare in secondo piano (come elementi cioè che si sarebbero potuti via via modificare con l’esperienza) i molti difetti attuali del pittore, le sue pur involontarie adesioni a certe forme trite dell’arte contemporanea e anzi attuate,e precisamente a taluni motivi neofigurativi, specie nella predilezione accordata ai toni grigi, a certi impasti grumosi e cangianti ereditati dall’informe, ai ghirigori lineari e materici senza logica propri della cosiddetta “pittura di gesto”.
L’asimmetria compositiva e la capacità segreta di far muovere il colore dal di dentro - così padana, così lombarda nell’intensità melanconica dell’espressione - si rivelarono insomma come una prima fondamentale indicazione per capire la personalità di questo giovane artista.
La visione, che poi ci accadde, degli altri moltissimi quadri che egli, con ansia febbrile va dipingendo, non ha fatto che arrecar prove della sua sostanziale e autentica vocazione, anche se, con maggior evidenza, ha riconfermato l’entità dei suoi difetti che, oltre a quelli già detti di tendenza, sono attualmente rilevabili sia nella scarsa padronanza del segno (avvertibile specie nelle figure pur così saldamente bloccate) che nella modulazione cromatica (che ancora e facilmente si avvale di impasti sporchi e casuali). Difetti dell’età, si è detto, e dell’inesperienza, e non c’è dubbio che sia così.
Ma già adesso - e questo solo conta quando si presenti un giovane - s’avverte in ogni quadro la possibilità d’un divenire o d’una urgenza poetica d’un mondo che è soltanto sua, al di là dei giochi tanto in voga oggi delle tendenze e degli stili.
S’avverte insomma in Parma un uomo vivo che potrà maturare una sua pittura se saprà resistere alla “vague” dei giovani d’oggi, di aver il successo bruciando le tappe d’una maturazione logica e inevitabile.
Giorgio Mascherpa
Un grafico, un pittore, un amico.
Paolo Parma dopo aver compiuto gli studi presso l’Istituto Magistrale di Cremona “Sofonisba Anguissola”, nel 1959 inizia il tirocinato di grafico pubblicitario a Milano.
Viaggiava quotidianamente e alla sera, dopo aver cenato,iniziava a dipingere presso il suo studio situato in una soffitta in corso Garibaldi 257. Il suo studio era frequentato oltre a me che avevo lo studio di ceramica nello stesso cortile, da Sergio Tarquinio pittore affermato, dallo psicologo Vittorio Cigoli, dal musicista Jack Masseroli e da Giuseppe Azzoni suo compagno di scuola. Lavorava in tutta serenità e allegria, in sottofondo, in modo gradevole si sentiva la musica degli anni 70’, le canzoni di Luigi Tenco,cantante da lui preferito. Dipingeva in modo molto dinamico. All’inizio i suoi dipinti risentivano del suo lavoro di grafico. Il successivo passo alla tecnica dei colori ad olio nel fare ottimi dipinti: ne fece molti dedicati al fiume Po.
Era sempre sereno.
Successivamente il suo mestiere di grafico lo tenne molto impegnato, veniva meno a Cremona ma frequentava pittori emergenti a Milano; alcuni divennero molto famosi in Italia.
Una volta andai a trovarlo a Milano. Si era messo in proprio,ed era riuscito a creare un’ azienda pubblicitaria tutta sua :“black and color” . Preso dal suo lavoro di pubblicitario a Milano non lo vidi più per oltre 20 anni. Lo incontrai per strada, mi disse che aveva fatto dei dipinti molto scenografici che avevano bisogno di cornici particolari perchè erano molto analitici con effetti speciali.
Io gli consigliai di andare da mio fratello Aristide, corniciaio, e con lui trovò una soluzione soddisfacente.
Voleva fare una mostra a Cremona, mi disse che era stato molto ammalato, ma era tale il suo entusiasmo per i suoi ultimi dipinti che il pensiero della malattia era passato in secondo ordine.
Però dopo poco tempo il male del secolo se lo portò via.
Era il 1999 di Novembre.
Mario Spadari Ceramista
Ecco. Due quadri di Paolo fanno bella vista di sè nel mio studio. Sono collocati in cima alla scala che apre al piano superiore. Così non si possono non vedere, meglio io devo vederli. E’ un dovere che si connette al ricordo e con esso alla nostalgia. Si, di nostalgia si può anche morire, ma quella buona è in grado di dare colore al vivere la vita, proprio come se il tempo che è passato fosse qui, nella sua realtà,adesso.
Il primo quadro ha come tema il nostro fiume, il Po, un tempo l’Eridano che permetteva di connettere tra loro gli uomini e gli dei. I fiumi sacri, così come la via Lattea, sono proprio quelli che offrono la possibilità di salire e di scendere. Per me il sacro del quadro è la sottile linea biancastra che emerge dalle tonalità dominanti del verde verdastro del fiume e verde tenero del fogliame che fa macchia. La linea biancastra si distingue dai colori, tra il giallastro e di nuovo il verde, dalla riva sabbiosa. La linea sottile il tempo sacrale dell’incontro tra amici e pittori nello studio, là in alto, della sua casa. Ne ho vivida l’immagine: quadri accatastati, tempere disponibili anche a chi non si poteva permettere nè tele, nè colori; dialogo tra il filosofico e il sessuale come si conviene, fumo di Gauloise...e il “fantasma rigoroso” di Elda Fezzi.
E’ proprio da quel tempo e da quegli incontri che ho immagazzinato, si la parola è giusta anche se riferita al mondo interiore, l’amore per le immagini e in particolare per la pittura. Credo che Paolo lo sappia anche se vive in un mondo altro. La gratitudine nei suoi confronti ha preso corpo molto più avanti nel tempo perchè ciò che è stato seminato abbisogna di tempo di maturazione e poi di raccolta. Nei miei testi di clinica, sia essa di coppia o famiglia, non può mancare il riferimento al mondo delle immagini e in particolare alla pittura.
Si, da amico ho fatto il tifo per Paolo, anche perchè dotato e come, e nella mia fantasia c’era la sua presenza “nella storia” come pittore di vaglia. L’amico è lì perchè permette anche a te di sognare il successo nell’avventura della vita umana. Poi la vita presenta i suoi tanti conti, ma ciò non toglie affatto che il compimento del sogno si avveri, magari si è già avverato in giovinezza e nemmeno ce ne siamo accorti. A continuare a guardare in avanti non si coglie il momento presente...
Ecco la linea biancastra (troppo bianco non è della vita degli uomini) è questo ripetuto contatto tra il tempo presente e quello “divino” della giovinezza. Quando incontro adolescenti e loro famigliari guardo sempre se questi ultimi, ancor più dei primi, hanno dentro di loro qualche segno del tempo divino, oppure se hanno irrimediabilmente perso o, cosa anche peggiore, mai vissuto.
E così il tempo rivive e alimenta anche il presente di vita. Ricordare è proprio un piacere dell’essere uomini, a meno che si sia imposta violenza, sopruso, indifferenza. Ed eccomi al secondo quadro, l’altro “trafugato” dallo studio di Paolo che di questo sorrideva e lasciava fare. Il compenso? Beh toccava a noi amici (andate a vedere le loro case...se sono ancora vivi, o quelle dei loro figli) dare visione della bellezza o, meglio, della sua sensibilità pittorica. Una sterpaglia, un groviglio di tratti e colori dal giallo dorato al nerastro e a macchie di verde dal temperato allo scuro. Per me un incanto sulla bellezza e la fragilità umana che solo la pittura può rendere. E senza parola, perchè quello che conta è il sentire. La luce dell’oro viene graffiata dal nero della vita, ma alla sua base c’è e come il verde che spera. Venire alla luce, sapere di oro com’è la meraviglia del bambino agli occhi della madre, provare e più volte la caduta, addirittura la disperazione, ma poi c’è quella base di verde che spera proprio perchè si è provata la fiducia, vale a dire che vale la pena di vivere.
Ti abbraccio caro amico, strappato troppo presto alla vita, ma per sempre mio amico.
Enrico Cigoli
Paolo Parma
ci ha sfiorato con la sua magia.
Tutti siamo stati affascinati dalla sua inafferrabile personalità. Quando pensavi che c’era spariva in punta di piedi e tu pensavi che fosse ancora lì o ti aspettavi che apparisse all’improvviso.
La sua pittura non ha seguito lo stesso destino: è qui e non si muove.
Forse inconsciamente lo sapevamo e lo ritenevamo ineluttabile. Quel vivergli accanto a piccole dosi col pudore di stare sulla buccia sapendo che lo spazio più interno ci era interdetto salvo rare e uniche occasioni, perlopiù perse.
E’ rimasta tuttavia una sensazione gradevole di privilegio nell’ingarbugliata matassa dei sentimenti.
Ricercare il bandolo ed il colore giusto è esercizio inutile, non serve e va a sbattere contro il muro invalicabile del mistero.
Ha vissuto in una bolla di esistenza tutta sua, autosufficiente, impenetrabile. I fumetti di dialogo si sono espressi nei pennelli e nei segni spesso indecifrabili. I pennelli come sinonimo di capacità espressiva, di tutti i tipi sino a quello di un pelo,non zero peli ma un pelo per essere vivo.
Rimane il mistero di una presenza più reale ora che a ben vedere non ci sorprende.
Giovanni Parma
Tagli e orizzonti,cominciamo da qui.
Ripercorrendo l’opera di Paolo Parma, trovo ripetute, fenditure e confini che si mostrano come possibilità. Spazi che si aprono nella materia, dove la linea dell’orizzonte spesso crea un “al di qua”, vicino a noi, ingombro, che mostra le sue urgenze e che a volte sembra ulteriormente venirci incontro e un “oltre”, possibile, aperto, che mira all’altrove e spinge.
C’è sempre un elemento prospettico che gioca e provoca il nostro sguardo. Riconosco un astratto che con quattro pennellate corpose e incisive, riesce ad evocare un paesaggio. Lì mi fermo e guardo i mille Po che sei riuscito a rendermi amici; la bruma, le nebbie. Sento e vedo tanta acqua. Le fenditure si mantengono nel tuo percorso. Negli ultimi lavori, prendono la sembianza di porte e finestre, mantenendo il loro tentativo di creare un passaggio altro. Chissà cosa stavi cercando?
Hai studiato la luce, le prospettive. Sei riuscito a portare elementi di grande modernità all’interno di strutture antiche.
Il tuo cercare è sempre stato in moto, ci hai reso l’oltre sempre compagno. Dalle case liguri metafisiche degli ultimi lavori, c’è un movimento tra un fuori e un dentro che diventa anche parte di un arredo più vasto. Molte opere sembrano appena finite e parlano, anche se non sempre rassicurano, come certe atmosfere, certi ritratti. Quante storie ci hai evocato. Bellissime.
Ricordo come ne parlavi tu, i tuoi tratti, il tuo sguardo sulle cose. A volte eri quasi infastidito, in altre rompevi gli argini e ti mostravi. Restano le tue immagini.Manchi tu.
Mariapaola Parma
Un pensiero grato ad Isabella Bolech